A cura di Sara Distante, Emilio Siciliano, Khadija Taufiq

 

Tra il 28 ed il 30 maggio scorso, WAYouth ha coinvolto diverse realtà scolastiche Italiane in una simulazione diplomatica sui temi dell’etica digitale. L’esplorazione della realtà digitale attraverso le lenti della diplomazia ha richiesto un esercizio di riflessione non indifferente sia nella creazione delle sfide che nello svolgimento delle attività, in quanto il focus dell’intero progetto non era semplicemente sull’applicazione degli strumenti digitali nelle scuole per facilitare l’apprendimento degli studenti, ma i limiti etici di tale applicazione a livello globale. Per essere più precisi, abbiamo spostato l’attenzione dal ruolo tecnico che svolge o potrebbe svolgere la tecnologia nel facilitare l’insegnamento e l’apprendimento al ruolo politico che tale integrazione comporterebbe.

La chiave per fare ciò è stata l’introduzione del concetto di etica, tradotto poi, nelle varie commissioni, in concetti di inclusione, uguaglianza e pari opportunità. L’utilizzo etico delle strumentazioni digitali, infatti, è un concetto che è stato già politicamente trattato dai Paesi resi protagonisti di questa simulazione, ovvero i Paesi del G20. Di conseguenza, il Model Digital Ethics è una simulazione dei lavori negoziali del G20 che ha visto coinvolti 80 studenti e studentesse provenienti da tutta Italia che si sono messi in gioco per 3 giorni su temi di interesse universale, confrontandosi con altri peer e approcciando, nella maggior parte dei casi, per la prima volta al mondo della diplomazia.

Per fare ciò, gli studenti e le studentesse sono stati divisi in quattro commissioni tematiche, dove ognuno di loro ha rappresentato un Paese del G20. L’aspetto interessante di questo tipo di lavoro è che nella maggior parte dei casi, gli studenti conoscono molto poco del Paese a loro assegnato, specialmente in relazione alla tematica da affrontare. Perciò, la simulazione vera e propria è preceduta da tante ore di ricerca volte alla stesura di un position paper che possa riassumere la posizione del delegato del Paese X nei confronti del tema. Altro aspetto interessante, collegato al position paper, è proprio il tipo di posizione che i ragazzi e le ragazze si trovano a supportare perché, come ogni dibattito che si rispetti, non sempre ci si trova in accordo con le politiche del Paese assegnato, alzando il livello di difficoltà. In particolare, alle commissioni sono stati rispettivamente assegnati i seguenti temi (topic): l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle scuole e il divario digitale. Questi, poi, sono stati ulteriormente suddivisi in due sottotemi, ovvero l’accesso all’istruzione e l’IA e l’inclusività negli ambienti di apprendimento per il primo tema, e il divario universale e quello sociale nell’accesso alla digitalizzazione per il secondo.

La scelta è ricaduta su questi due macro-temi proprio per il modo in cui rappresentano i due estremi di una stessa realtà, dove da una parte si parla di introdurre l’intelligenza artificiale per facilitare insegnamento ed apprendimento, mentre dall’altra, intere popolazioni non hanno nemmeno accesso alla rete internet o non posseggono un computer o un cellulare. L’aspetto etico nei due temi è declinato in maniera differente. Per esempio, nell’ambito dell’IA nelle scuole, l’aspetto etico risiede nel garantire istruzione di qualità a tutti, al fine di assicurare un’alfabetizzazione diffusa ed esaustiva che sia anche inclusiva in termini di età, genere e disabilità. Di conseguenza, in termini politici, la missione delle commissioni a cui è stato affidato questo topic è di capire, non solo come raggiungere tale obiettivo, ma anche di stabilire delle linee guida comuni a tutti i paesi coinvolti, al fine di non utilizzare l’IA in ambito scolastico per scopi diversi da quelli sopracitati.  Nel caso del divario digitale, invece, l’aspetto etico è trattato dal punto di vista della sua assenza. In parole povere, i bassi livelli di alfabetizzazione presenti nel mondo, l’impossibilità economica di migliaia di famiglie e gli scarsi incentivi all’implementazione delle tecnologie sono visti come il fallimento dei Paesi di agire in maniera etica nei confronti delle proprie popolazioni, privando quest’ultime di questi diritti fondamentali. Dividendosi in accesso universale e sociale, il secondo tema copre una serie di motivi che causano alti livelli di analfabetismo in alcune popolazioni e le gravi conseguenze sociali che la mancanza di istruzione e il mancato accesso alla rete causano. Dalle disabilità alle pessime infrastrutture a banda larga, il divario digitale evidenzia il disagio di persone che sono state costrette durante la pandemia, per esempio, ad abbandonare temporaneamente gli studi per mancanza di connessione alla rete internet e a dover interrompere ogni genere di interazione con i propri coetanei, costringendoli ad uno stato di esclusione sociale.

Le vari sessioni del Model Digital Ethics sono state distribuite su tre giorni, durante i quali si sono susseguite diverse modalità di dibattito moderato e non. Capire bene le regole di procedura è fondamentale per gli studenti e le studentesse al fine di entrare seriamente nel “gioco” e di svolgere il loro lavoro nel modo più efficace possibile. Questo tipo di impegno ha richiesto la loro completa attenzione e un forte spirito di squadra che rende particolarmente complicato per i potenziali miglior delegati (best delegates) emergere in un contesto dove il compromesso, una forte leadership e un punto di vista stabile devono bilanciarsi e convivere. Nel complesso, i giovani delegati si sono dimostrati particolarmente interessati alle tematiche dell’inclusione e dell’equità, e si sono impegnati a trovare soluzioni non solo etiche, ma anche innovative. Tra queste, emergono particolarmente alcuni passaggi dei communiquè che ogni commissione ha dovuto redigere alla fine della simulazione, una sorta di comunicato in cui i problemi e gli accordi emersi durante le sessioni di dibattito vengono stesi e votati. Un impegno da parte di tutti i Paesi che li vedrà coinvolti verso una missione comune basata su premesse solide.

Il risultato finale, riassunto appunto nei vari communiquè, è il frutto di dibattiti, accordi e molte ricerche. Infatti, la ricerca e la lettura dei dati è una parte fondamentale e caratteristica di tutte le fasi della simulazione. Non solo i delegati devono conoscere la situazione del loro Paese, ma devono prendere atto di accordi già esistenti e di potenziali alleanze, trovandosi poi coinvolti in dinamiche internazionali esistenti. Inoltre, la conoscenza del summit del G20, degli equilibri globali e della sostenibilità delle soluzioni che si intendono proporre sono cruciali al fine di ottenere un communiquè credibile e ben fatto. Nel nostro caso, i delegati hanno eccelso nella stesura di communiquè che affrontassero il tema diseguaglianza in tutte le sue declinazioni, che si trattasse del primo topic o del secondo. La diseguaglianza e l’assenza di pari opportunità sono emerse in tutte e quattro le commissioni, evidenziando una realtà che viene raramente letta e trattata in modo etico. Questo risultato ha inoltre evidenziato problemi che vanno al di là del mondo digitale stesso, ma che sono collegati e penetrano in diversi aspetti della società, del mondo dell’educazione e della politica interna.

Vale la pena menzionare il communiquè della commissione vincente che ha discusso la riduzione del divario digitale in termini di divario nell’accesso sociale. Questo communiquè è stato votato come migliore dalla giuria perché copre tutti gli aspetti che sono stati menzionati nel corso dell’articolo. Non solo i delegati hanno svolto un ottimo lavoro, rispettando le regole di procedura e creando dibattiti costruttivi, ma sono stati in grado di coprire ogni aspetto della tematica a loro affidata, sia nelle premesse del communiquè che nella sezione operativa, prestando la giusta attenzione alle dinamiche politiche globali, tanto del G20 stesso quanto di altre realtà già esistenti e che vanno a toccare la mancanza di tecnologie e la conseguente esclusione sociale che questa crea. Tenendo in considerazione gli aspetti etici e gli aspetti più tecnici/pratici del tema legato alla tecnologia e al mondo digitale, la commissione si è distinta e ha persino covato la miglior delegata del Model Digital Ethics, Sofia Clementi, alla quale abbiamo fatto alcune domande.

 

Cosa ti aspettavi dal model dopo esserti iscritta?

Non avevo particolari aspettative poiché il mondo della diplomazia e delle simulazioni mi era completamente nuovo. Volevo semplicemente farmi sorprendere da questa esperienza. L’unico dettaglio che conoscevo prima di partecipare era il dress code, che mi ha subito fatto pensare a qualcosa di serio a cui avrei dovuto dedicare la mia intera attenzione, considerazione e tempo

L’esperienza è stata poi interessante e piuttosto impegnativa. Ha toccato temi molto profondi che generalmente non vengono affrontati e mi ha dato l’impressione che le attività proposte fossero qualcosa di molto vicino a ciò che accade ogni giorno nel mondo della diplomazia.

Cosa hai imparato a livello pratico?

Ho imparato tantissimo riguardo la lettura di dati e statistiche in relazione al Paese che ho rappresentato: parte integrante dei lavori infatti è stato interpretare grafici e capire come si riflettessero sul resto della politica internazionale e come avessero accresciuto o meno il digital divide, il topic di cui si occupava la mia commissione. Inoltre ho avuto modo di conoscere una terminologia nuova e cimentarmi in situazioni tipiche dei lavori di commissione, come la stesura di un communiquè, la partecipazione a moderated e unmoderated caucas, l’utilizzo di una speaker’s list e di una specifica modalità di proporre idee.

Parlaci della vittoria. 

É stato un momento unico e sorprendente. Sono molto soddisfatta del risultato e non immaginavo che la mia etica lavorativa avrebbe portato a questo risultato, soprattutto perchè non mi ero mai avvicinata al mondo della diplomazia. Approcciandomi a questo nuovo mondo ho scoperto di avere una propensione verso questa disciplina, infatti ho buone capacità di lavorare in gruppo e sono riuscita a dare il 100% per un obiettivo che mi ha appassionata.

Che impatto potrebbero avere, secondo te, questo tipo di esperienze se applicate più spesso nei percorsi educativi?

Sicuramente un impatto incredibile. Si tratta di un’esperienza a 360 gradi che potrebbe avere un’influenza incredibilmente positiva di cui l’Italia ha un disperato bisogno.

Riuscite a far immergere gli studenti in una situazione dove c’è bisogno di mettere in campo non le nozioni che studiamo in 5 anni di scuole superiori, ma il proprio metodo lavorativo e il proprio approccio alle cose nuove, imparando a lavorare con i propri peers rispettandosi, e soprattutto avvicinandosi ad un modo lavorativo.

É stata un’esperienza intensa, fatta di lavoro sodo ed estenuante, non semplice ma anche altrettanto gratificante. Ho lavorato in maniera stupenda con persone dalle menti brillanti, ma soprattutto ho partecipato ad un’esperienza formativa che insegna il rispetto e la convivenza oltre ad offrire uno spazio per esprimere e mettere in discussione idee, assumendosi la responsabilità di un Paese.

Oggi in Italia serve avere le idee chiare, ma è complesso entrare in contatto con l’ambiente lavorativo se non tramite queste occasioni. Per questo è necessario, anzi fondamentale un incontro di questo genere.